Validare le emozioni dei bambini: il primo vero intervento educativo
- cianielisa
- 9 mag
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Quando un bambino esprime un'emozione – che si tratti di pianto, rabbia, tristezza o anche gioia – il gesto più efficace che un adulto possa compiere è validare e normalizzare ciò che sta provando. Questo semplice ma potente atto costituisce, di fatto, il primo e più importante intervento psicologico ed educativo. È attraverso questo riconoscimento che il bambino inizia a costruire una relazione sana con il proprio mondo emotivo e, di conseguenza, con sé stesso e con gli altri.
Le emozioni: parte centrale della nostra esperienza
Le emozioni non sono solo “sentimenti” passeggeri, ma componenti fondamentali del nostro funzionamento psichico e relazionale. Esse influenzano il nostro comportamento, la nostra percezione della realtà e il nostro modo di entrare in contatto con gli altri, anche quando non ne siamo consapevoli. Per i bambini, che stanno ancora imparando a conoscere e gestire il proprio mondo interiore, le emozioni rappresentano una bussola fondamentale, ma non sempre facile da decifrare.
Le emozioni sono fenomeni multicomponenziali: coinvolgono il corpo (sensazioni fisiche), la mente (pensieri, valutazioni), il comportamento (reazioni osservabili) e la relazione con l’ambiente. Non sempre sono facili da riconoscere o da descrivere, nemmeno per gli adulti. Figuriamoci per un bambino che si trova a fare i conti con vissuti ancora poco comprensibili e a volte molto intensi.
In particolare, distinguiamo:
Emozioni primarie (gioia, paura, rabbia, tristezza, disgusto, sorpresa): sono innate, universali e preconsce. Si attivano automaticamente in risposta a determinati stimoli, senza bisogno di una valutazione consapevole.
Emozioni secondarie (colpa, vergogna, orgoglio…): sono più complesse, legate al pensiero e alla coscienza di sé, e si sviluppano nel tempo attraverso l'interazione sociale e culturale.
Una delle caratteristiche centrali delle emozioni è che non possiamo decidere di provarle o meno. Si attivano in modo spontaneo, spesso immediato, in risposta a uno stimolo interno (es. un ricordo, una sensazione corporea) o esterno (es. il comportamento di un'altra persona). Questo vale tanto per gli adulti quanto per i bambini.
Pensare di “controllare” l’emozione in sé è un’illusione: ciò che possiamo imparare a fare è prenderne consapevolezza, riconoscerla, darle un nome e integrarla nell’esperienza. Questo processo di alfabetizzazione emotiva è centrale nello sviluppo emotivo del bambino, e comincia proprio dalla relazione con l’adulto.
Nel momento in cui un bambino manifesta un’emozione, l’adulto non deve giudicare, minimizzare o cercare di “correggere” ciò che prova, ma accoglierlo per come si presenta. Frasi come “non è niente”, “non devi essere triste” o “non arrabbiarti per queste sciocchezze” possono far sentire il bambino sbagliato, inadeguato o non capito.
Al contrario, dire “capisco che sei triste”, “è normale essere arrabbiati quando succede questo” oppure semplicemente “sono qui con te” aiuta il bambino a sentirsi visto, contenuto e supportato.
Le emozioni si manifestano spesso attraverso il corpo: mal di pancia, nodo alla gola, mani sudate, tachicardia. Riconoscere queste sensazioni è parte integrante della comprensione emotiva. Aiutare i bambini a collegare ciò che sentono nel corpo a ciò che provano a livello emotivo è uno strumento prezioso per sviluppare regolazione e autoconsapevolezza.
Quando un adulto riconosce e legittima le emozioni di un bambino, sta costruendo le basi per la sua salute mentale, la sua autostima e la sua capacità di stare nel mondo. Validare le emozioni non significa permettere ogni comportamento, ma significa distinguere tra ciò che si prova (sempre legittimo) e ciò che si fa (che può essere guidato e regolato).
Educare alle emozioni è educare alla vita. E tutto comincia con uno sguardo empatico e una frase che dice, con sincerità: “Va bene così, puoi sentirti come ti senti.”
di Elisa Ciani - La dottoressa delle emozioni-

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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